LA CORTE DI APPELLO Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa n. 488/90 assegnata a sentenza all'udienza del 5 febbraio 1993, tra Barlaro Agostina, Barlaro Miriam, Barlaro Patrizia, elettivamente domiciliati in Genova, via Ceccardi, 1/23 presso l'avv. Costantino Cerruti che li rappresenta e difende, come da delega in atti, appellanti, contro Sanguineti Giovanni, Sanguineti Carlotta, Sanguineti Carlo + altri, elettivamente domiciliati in Genova, via Cesarea, 5/7 presso l'avv. Giuseppe Tricoli che li rappresenta e difende come da delega in atti, appellati. I termini della vertenza giunta all'esame di questa corte a seguito dell'udienza d'assegnazione del 5 febbraio 1993 e gli sviluppi del relativo provvedimento si possono cosi' sintetizzare: gli attori, odierni appellanti, Barlaro Agostina Gregoria, piu' numerosi altri hanno chiamato in giudizio davanti al tribunale di Chiavari, con citazione notificata l'11 ottobre 1984, i signori Sanguineti ben specificati in epigrafe chiedendo di essere dichiarati, quali successori per diritto di rappresentazione di Barlaro Bernardo e Barlaro Carlo, fratelli unilaterali e naturali di Barlaro Anna deceduta il 28 settembre 1978 senza testamento, unici eredi di quest'ultima con diritto di preferenza rispetto ai convenuti, parenti legittimi in quarto grado chiamati all'eredita' in forza degli artt. 565 e 572 del c.c. e di ottenere, quindi, la consegna di tutti i beni ereditari; nello stesso atto introduttivo del giudizio gli attori avevano chiesto che, ove si fosse ritenuto che gli articoli sopra richiamati, nonche' l'art. 568 del c.c. escludessero dalla successione legittima i fratelli naturali della de cuius e limitassero la rappresentazione, nella linea collaterale, ai soli discendenti dei fratelli e delle sorelle legittimi dell'ereditando o anteponessero agli stessi tutti i parenti legittimi, fosse sollevata la questione di costituzionalita'per contrasto con gli artt. 3 e 30 della Costituzione dei predetti artt. 565, 572 e 468 del c.c. nella parte in cui venivano, appunto, ad escludere dalla categoria dei chiamati alla successione legittima i fratelli e sorelle naturali riconosciuti o dichiarati e loro successori per rappresentazione, ovvero agli stessi anteponeremo tutti i parenti legittimi in mancanza di membri delle famiglie legittime; il tribunale adito, con ordinanza del 13 ottobre 1987, ha ritenuto non manifestamente infondata la questione prospettata dagli attori valutando gli artt. 565 e 572 del codice civile in contrasto con l'art. 30, terzo comma, della Costituzione in quanto il limite posto al principio della piena tutela giuridica e sociale dei figli naturali dalla presenza dei primari diritti dei membri delle famiglie legittime, doveva essere interpretato con riferimento alla famiglia in senso stretto: quella costituitasi col matrimonio del padre naturale e composta dal coniuge e dei figli legittimi cosi' da escludere dall'eredita' i fratelli naturali del de cuius solo in presenza di figli legittimi, con conseguente contrasto anche con l'art. 3 della Costituzione sotto il profilo della mancata tutela dei figli naturali in assenza di membri della famiglia legittima cosi' come delineata; avendo il tribunale limitato l'esame della famiglia legittima cosi' come delineata; avendo il tribunale limitato l'esame della rispondenza alla Carta costituzionale agli artt. 565 e 572 del c.c., la Consulta con ordinanza del 6 dicembre 1988, n. 1074, rilevato che oggetto del giudizio quo era la pretesa dei discendenti dei fratelli naturali della de cuius di essere chiamati all'eredita' a preferenza dei parenti di quarto grado e che in nessun modo la stessa pretesa avrebbe potuto fondarsi su un titolo di vocazione ereditaria diretta, per cui non sarebbe stata sufficiente la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli artt. 565 e 572 del c.c., ma avrebbe dovuto essere rimosso anche l'ostacolo dell'art. 468 del c.c. nella parte in cui limita la rappresentazione, nella linea collaterale, ai discendenti dei fratelli e sorelle legittimi dell'ereditando, riteneva la questione di illegittimita', cosi' come era stata delimitata, priva di rilevanza e ne dichiarava, pertanto la manifesta inammissibilita'; cessata la causa di sospensione, il processo e' stato riassunto ad iniziativa degli attori e si e' concluso davanti al tribunale con sentenza del 4 novembre 1983 con la quale la domanda proposta dagli attori e' stata respinta con ulteriori statuizioni connesse ad un sequestro giudiziario dei beni ereditati concesso in corso di causa. I primi giudici hanno in tal modo modificato l'orientamento precedentemente espresso ritenendo, in particolare, che il filone interpretativo delle norme in materia, che pur si era evoluto in un senso di sempre maggiore favore nei confronti della filiazione naturale, dovesse trovare un ostacolo in alcuni principi cardine dell'orientamento, quali quello per cui la parentela naturale opera solo nello stretto legame genitori-figli e non si instaura tra fratelli naturali e fratelli legittimi e quello in base al quale la tutela assicurata ai figli nati fuori del matrimonio riguarda esclusivamente il rapporto genitori-figli; avverso tale decisione hanno proposto tempestivo e rituale appello gli attori rienendo, in primo luogo, possibile interpretare le norme vigenti in materia nel senso di consentire l'ammissione alla successione anche dei fratelli naturali del de cuius e ai loro disciendenti per rappresentazione allorquando manchino susccessibili appartenenti alla famiglia legittima intesa nel senso che era stato indicato nella ordinanza del tribunale di Chiavari 13 ottobre 1987, il riferimento e' stato fatto al novellato art. 258 in relazione all'art. 74 del c.c. ed a tutti quegli articoli in cui viene riconosciuta rilevanza alla parentela naturale, quali il 148, 436 e il 737 del c.c. In subordine gli appellanti hanno nuovamente prospettato il dubbio di incostituzionalita' delle norme da applicare nella fattispecie in esame, i gia' piu' volte richiamati artt. 565, 572 e 468 del c.c. Il riferimento e' ancora al terzo comma dell'art. 30 della Costituzione, ed il punto focale quello della verifica della nozione di famiglia legittima alla quale la Costituzione si riferisce quando richiede il giudizio di compatibilita' tra i diritti dei membri appunto della famiglia legittima e i diritti dei figli naturali. Gli argomenti a sostegno della tesi si rifanno, tra l'altro, alla portata e significato dell'intervento della Corte costituzionale sullo stesso art. 565 nel testo anteriore alla legge n. 151/1975, la sentenza del 4 luglio 1979, n. 55, poi confermata con la n. 184 del 12 aprile 1990 relativa al nuovo testo dello stesso articolo, con cui si e' affermato che, in assenza di membri della famiglia legittima, trova giustificazione la successione fra fratelli naturali nel caso in cui non vi siano altri successibili ex lege al di fuori dello Stato, e dove, nell'esaminare la questione sotto il profilo della violazione dell'art. 3 della Costituzione, si e' affermato che, una volta ritenuto che la posizione giuridica del figlio nato fuori del matrimonio e' analoga a quella del figlio legittimo, sempre che non sussistano i diritti dei componenti della famiglia legittima, e' contrastante con il principio di uguaglianza e di pari dignita' sociale un regime successorio che esclude che i fratelli possano succedere ai loro fratelli naturali stabilendo un trattamento deteriore rispetto agli altri successibili ex lege. Quanto alla valutazione della rispondenza al dettato costituzionale dell'art. 486 del c.c., da considerare necessariamente secondo le osservazioni svolte dalla Corte costituzionale con l'ordinanza del 6 dicembre 1988, n. 1074, in base alla vocazione indiretta fatta valere dai Barlaro, gli appellanti hanno poi sostenuto che il contrasto della stessa norma del c.c. con l'art. 30 della Costituzione deriva dal fatto che non assicura al fratello naturale, quando la identica posizione giuridica riservata al fratello legittimo; atteso che il predetto art. 30 della Costituzione estende alla prole naturale la stessa tutela di cui godono i figli legittimi in ordine ad ogni rapporto e non limitatamente a quello tra genitori e figli, una volta riconosciuta la sussistenza delle condizioni di successibilita' del fratello naturale, deve riconoscersi, cosi' come avviene per il fratello legittimo, l'istituto della rappresentazione anche a favore dei discendenti del primo cio' non urtando con la tutela della famiglia legittima, unico vero limite costituzionale. Da parte loro i Sanguineti, costituitisi anche in questo grado del giudizio, hanno decisamente contestato il fondamento dei motivi di appello e, in particolare, della prospettata questione di legittimita' costituzionale sostenendo al riguardo, in via pregiudiziale, l'inammissibilita' della questione in quanto gia' proposta nel corso dello stesso procedimento dopo che ne era gia' stata dichiarata l'infondatezza, osservando, quindi, nel merito, che il nostro sistema giuridico considera rilevante in materia successoria solo la parentela tra figlio naturale e genitore naturale e non anche il legame tra fratelli naturali; che, di conseguenza, il problema della rappresentazione resta superato per il fatto che i fratelli della de cuius non potevano aver alcun diritto sulla eredita' dismessa della stessa Sanguineti Anna; che pieno conforto a tale orientamento poteva esser tratto dalla motivazione della decisione della Corte di cassazione 16 maggio-17 novembre 1979, n. 5747, che aveva dichiarato manifestamente infondata la questione d'illegittimita' costituzionale dell'art. 486 del c.c. dove si era ribadito, tra l'altro, che la legge di riforma del diritto di famiglia, pur avendo dato larghissimo spazio alla riconoscibilita' e dichiarabilita' della filiazione naturale e parita' di trattamento tra figli naturali e legittimi, non aveva esteso la parentela naturale al di la' del rapporto che unisce vicendevolmente ascendenti e discendenti e, quindi, che l'art. 30 della Costituzione, laddove assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica sociale, si riferisce sempre e unicamente ai rapporti tra genitori e figli e non a quelli dei figli tra loro. Quale ulteriore argomento a favore della loro tesi anche gli appellati hanno richiamato le decisioni della Corte costituzionale n. 55/1979 e n. 184/1990 per evidenziare la diversa dizione usata in quella piu' recente rispetto alla prima (dichiarazione d'incostituzionalita' dell'art. 565 del c.c. nella parte in cui escludeva i fratelli e sorelle naturali riconosciuti o dichiarati dalla categoria dei chiamati alla successione legittima "in mancanza d'altri successibili all'infuori dello Stato" sentenza n. 55/1979, e "in mancanza d'altri successibili all'infuori dello Stato" sentenza n. 184/1990) per inferirne, anche dalle diverse espressioni usate in motivazione, l'intenzione della Corte di ammettere i fratelli naturali alla successione limitatamente alla ipotesi della assenza di altri parenti legittimi talche' l'eredita' andrebbe devoluta allo Stato. E, correlativamente, i Sanguineti hanno sostenuto che, contrariamente a quanto affermato dai Barlaro, quando si parla di famiglia legittima e di parenti legittimi si deve far riferimento a tutte le persone che hanno un vincolo di parentela tra loro a causa della loro appartenenza a quella realta' sociale che e' la famiglia fondata sul matrimonio. Esposti, dunque, i termini delle questioni dibattute dalle parti in causa, la Corte deve osservare innanzi tutto che non puo' essere accolto il primo motivo di gravame; in base alla vigente normativa non puo' essere riconosciuta l'esistenza del diritto sostenuto dai Barlaro. Numerose sono indubbiamente le norme che, anche a seguito dell'intervento della Corte costituzionale, sono venute ad assicurare un sempre piu' ampio riconoscimento della parentela naturale al di la' del mero rapporto di filiazione attribuendole rilevanza anche in linea collaterale. Sono stati richiamati, cosi' come viene fatto da quella parte della dottrina che sostiene appunto l'equiparazione ai fini successori dei fratelli legittimi e di quelli naturali, l'art. 433, n. 6, del c.c. (obbligo di prestare alimenti a carico dei fratelli dell'alimentando senza distinzione tra legittimi e non), l'art. 468, primo comma (che riconosce il diritto del figlio naturale a succedere per rappresentazione al fratello del proprio genitore) l'art. 737, primo comma (che estende in netto contrasto con quanto disposto in origine, la collazione anche al caso che siano chiamati all'eredita' i soli figli naturali con implicito riconoscimento d'un rapporto di parentela tra gli stessi). A questi puo' aggiungersi l'art. 565 dopo l'ultimo intervento della Corte costituzionale (e' prevista la successione legittima tra fratelli e sorelle naturali in mancanza di altri successibili all'infuori dello Stato). Tuttavia l'esistenza di simili norme, a giudizio di questa corte non puo' giustificare il riconoscimento di una "ormai avvenuta sostanziale equiparazione tra parenti legittimi e quelli naturali". Non si puo' non far riferimento al dettato dell'art. 258 del c.c. il quale sancisce che il riconoscimento non produce effetto se non con riguardo al genitore dal quale e' stato fatto. Principio che con la riforma del 1975 e' stato confermato con l'aggiunta di quell'inciso "salvo i casi previsti dalla legge", quasi a volere, da un lato, sottolineare le innovazioni apportate nell'ambito dei nuovi orientamenti a tutela della filiazione naturale e, dall'altro, a ricordare che le stesse debbono essere contenute nello stretto ambito dei casi espressamente voluti dal legislatore; norma forse non necessaria ma non inutile. Quindi deve ritenersi che la parentela naturale, al di la' del rapporto genitore-figlio, rilevi giuridicamente solo in casi espressamente previsti dalla legge e nessuna norma e in particolare l'art. 565 del c.c., prevede la possibilita' per gli appellanti di succedere alla Barlaro Anna. Deve, quindi, essere affrontato il problema sollevato con il secondo motivo d'impugnazione relativo della rispondenza delle norme che limitano i diritti dei Barlaro al dettato della Costituzione. Esame che non puo' ritenersi impedito dal fatto che la stessa questione sia stata gia' proposta nel corso di questo stesso procedimento; la Corte di legittimita' delle leggi non ha affatto dichiarata la infondatezza della stessa questione. Come si e' premesso, rilevato che l'impugnazione non era stata estesa all'art. 468 del c.c. (il tribunale aveva ritenuto il relativo problema logicamente successivo), la Corte costituzionale si e' limitata ad osservare che la questione, cosi' come presentata, veniva ad essere priva di rilevanza nella presente fattispecie, la cui soluzione deve coinvolgere l'esame della legittimita' costituzionale anche del citato art. 468 dal momento che la pretesa dei Barlaro non si puo' fondare su un titolo di vocazione ereditaria diretta. La corte non si e' quindi espressa e, pertanto, la riproduzione del dubbio di legittimita' non puo' urtare, come hanno invece sostenuto gli appellati, con quel principio del ne bis in idem richiamato nell'ordinanza della Corte costituzionale n. 197 del 29 giugno 1983 citata dagli stessi Sanguineti. Tutto cio' premesso, la corte passando dunque alla valutazione del secondo motivo d'appello e condividendolo, ritiene non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 565, 572 e 468 del cod. civ. per contrasto con gli artt. 3 e 30, terzo comma, della Costituzione nella parte in cui non prevedono la successione legittima di fratelli e sorelle naturali del de cuius, e, per rappresentazione, quella dei discendenti degli stessi in mancanza di membri della famiglia legittima restrittivamente intesa. Invero, chiari i termini della questione in base a quanto in precedenza esposto, e indubbia la sua rilevanza nella presente vertenza, l'eventuale riconoscimento della fondatezza del rilievo farebbe succedere i Barlaro a preferenza dei Sanguineti nel patrimonio ereditario della de cuius, si osserva che: se il principio fissato dal primo comma dell'art. 258 del c.c. "il riconoscimento non produce effetti che riguardo al genitore da cui fu fatto" trova nell'ordinamento piu' deroghe nei casi espressamente previsti dalla legge come sopra puntualizzato; se il limite alla tutela della filiazione naturale e' previsto dalla Corte costituzionale nella compatibilita' della stessa con i diritti dei membri della famiglia legittima; se per famiglia legittima si deve intendere la c.d. famiglia nucleare formata dal matrimonio del genitore, quindi i suoi discendenti oltre al coniuge e cio' secondo l'orientamento interpretativo comunemente accettato, proprio in base a quanto proposto dalla stessa Corte costituzionale": "'famiglia legittima' e' quella costituitasi con il matrimonio del padre naturale e composta dal coniuge e dai figli legittimi. A questa interpretazione conducono il linguaggio e il contenuto tanto delle norme costituzionali, quanto della legislazione ordinaria, oltreche' la stessa sistematica del codice civile .. Da questo quadro non e' verosimile che sia uscito l'art. 30 terzo comma: anche qui l'accenno alla famiglia legittima di chi ha figli naturali evidentemente non comprende gli ascendenti o i collaterali; poiche' si contrappongono i figli naturali nati fuori del matrimonio di lui alla sua famiglia legittima, questa non puo' essere che il gruppo costituitosi col suo matrimonio" Corte costituzionale sentenza 11 aprile 1969, n. 79; principio per altro richiamato ad esempio nell'ordinanza della stessa Corte 24 marzo 1988, n. 363: "unanimamente riferito - (il termine famiglia legittima) - dagli interpreti alla (piccola) famiglia che il genitore abbia costituito mediante matrimonio con persona diversa dall'altra"; allora la esclusione dalla categoria dei chiamati alla successione legittima dei fratelli e sorelle naturali, riconosciuti o dichiarati, del de cuius, o, in altri termini, in caso di mancanza di membri della famiglia legittima, l'anteposizione agli stessi dei piu' lontani parenti, consente fondatamente di ritenere le norme che dettano tale disciplina, gli artt. 565 e 572 del c.c., in contrasto sia con l'art. 30, terzo comma, della Costituzione atteso la ormai riconosciuta natura del limite ivi imposto alla tutela della filiazione naturale, che con l'art. 3 della stessa Carta fondamentale: se la posizione giuridica del figlio naturale, quando manchino i membri della famiglia legittima, e' uguale a quella dei figli legittimi allora il regime successorio che esclude che i fratelli o sorelle naturali possano succedere ai propri fratelli prevedendo quindi un trattamento deteriore rispetto a quello di tutti gli altri successibili ex lege e' in urto con il principio di uguaglianza e di pari dignita' sociale. Ne discende che parimenti fondata e' la questione relativa all'art. 468 del c.c. nella parte in cui limita la rappresentazione, nella linea collaterale, ai discendenti dei fratelli e sorelle legittimi dell'ereditando: non e' assicurata al fratello naturale l'identica posizione giuridica riservata al fratello legittimo sempre nel caso in cui manchino membri della famiglia intesa nel senso sopra precisato; correttamente si e' affermato degli appellanti che, una volta riconosciuta la sussistenza delle condizioni di successibilita' del fratello naturale, debba anche riconoscersi, come per quello legittimo, l'istituto della rappresentazione anche a favore dei discendenti del primo non contrastando tale riconoscimento con la tutela della "famiglia legittima". Si osserva da ultimo che non valgono ad impedire il dubbio di legittimita' costituzionale linearmente sopra esposto, ne' il richiamo alla decisione della Corte di cassazione 17 novembre 1979, n. 5747, che ha ritenuto manifestamente infondata la questione di costituzionalita' della norma di cui all'art. 468 del c.c., ne' alle diverse espressioni usate dalla Corte costituzionale nelle due decisioni, la n. 55/1979 e la n. 183/1990 con le quali e' stata affermata la incostituzionalita' dell'art. 565, nel testo precedente e successivo alla riforma, nella parte in cui escludeva dalla categoria dei chiamati alla successione legittima in mancanza di altri successibili all'infuori dello Stato, i fratelli o sorelle naturali del de cuius. Quanto al primo, si conviene che una volta ammessa la successibilita' del fratello o sorella naturale del de cuius per le ragioni indicate dalla sentenza della Corte costituzionale n. 55/79 e n. 183/90 possono ritenersi superate tutte le argomentazioni allora addotte dalla suprema Corte che aveva affermato che la tutela giuridica e sociale assicurata ai figli nati fuori del matrimonio si riferisce sempre e unicamente ai rapporti tra genitori e figli. Quanto al secondo, non si puo' ignorare il fatto che l'ultima sentenza ha una impostazione piu' rigorosa del problema rispetto a quella precedente, che aveva consentito a parte della dottrina di ritenere superata ogni distinzione tra figli legittimi e figli naturali, dove e' affermato che non vi sono ragioni idonee a giustificare la conservazione della regola del codice civile che esclude il diritto di successione tra fratelli e sorelle naturali la' dove manchino altri successibili per titolo di coniugio o di parentela e, il favore per i figli naturali, non entri in conflitto col principio della successione familiare o con l'interesse dello Stato. Tuttavia, rilevato che il problema specifico della costituzionalita' di un sistema che da la preferenza ad un remoto parente di sesto grado rispetto ad un fratello naturale del de cuius con il quale spesso esistono solidi vincoli affettivi non e' stato ancora sollevato e affrontato dalla Corte di legittimita' delle leggi e che occorre, invece, chiarezza sul punto, occasione, come e' nel caso di specie a gravi e protratte controversie, non definitivamente risolvibili in base ad una ricerca e interpretazione del pensiero della consulta, si ritiene lecito e rilevante investire direttamente la stessa Corte del problema.